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Eleonora Voltolina

Conoscere e proteggere la propria fertilità: per Karin Hammarberg è la “passione della vita”

In tutto il mondo più o meno una persona in età riproduttiva su sei sperimenta problemi di infertilità nel corso della vita. In questa puntata del podcast discutiamo le principali cause di infertilità – una malattia dell'apparato riproduttivo definita dall'impossibilità di ottenere una gravidanza dopo 12 mesi o più di rapporti sessuali regolari non protetti – da un punto di vista medico e sociale con l'esperta di fertilità australiana Karin Hammarberg, Senior Research Fellow presso la Monash University di Melbourne.


«L'infertilità, non importa se primaria o secondaria, è devastante» afferma Hammarberg, che è infermiera specializzata con vent'anni di esperienza come coordinatrice clinica di programmi di fecondazione in vitro: «A volte le persone con infertilità secondaria si sentono in colpa di desiderare un altro figlio, si sentono dire "beh, voi siete fortunati ad averne già uno", o magari già due. Ma se una persona aveva il sogno di avere due o tre figli e riesce ad averne solo uno il dolore che prova è molto profondo, e non sono così sicura che sia utile provare a confrontare i due».

Come Hammerberg aveva già detto a The Why Wait Agenda nell'articolo sulle gravidanze tardive nelle serie tv – "Madri over 40: sembra facile in tv, ma nella vita reale?" – la probabilità di gravidanza diminuisce per le donne dopo i 35 anni. «L'infertilità ha una serie di cause, ma una spesso sottostimata è quella che chiamiamo infertilità legata all'età» sottolinea Hammarberg: «Poiché l'età delle donne influisce sulla possibilità di concepire e portare avanti una gravidanza, una volta raggiunti i quarant'anni diventa davvero molto difficile. Molte donne sulla quarantina si presentano ai centri sterilità per scoprire perché non concepiscono: tutti i test rivelano che non ci sono blocchi [nelle ovaie], hanno ancora il ciclo mestruale, non ci sono altre cause di infertilità. Spesso la si definisce "infertilità inspiegabile". Ma in effetti bisognerebbe dire che c'è una causa, e la causa è che l'età ha ridotto la capacità riproduttiva. Sta diventando una causa sempre più comune, purtroppo».


Il consiglio di Hammarberg? Cercare di avere figli nella decade a cavallo tra la metà dei vent'anni e la metà dei trent'anni: «Pianificare di avere figli tardi non è il massimo come progetto, perché comporta dei rischi. Rischi fisici, innanzitutto: per una donna sulla quarantina ci sono maggiori rischi, così come per i nascituri. Ma c'è anche da considerare che poi con il bambino ci si dovrà giocare, bisognerà alzarsi di notte novanta volte... Avere un figlio comporta un bel po' di lavoro! Si è meglio attrezzati per farlo quando si è giovani piuttosto che quando si è più avanti con l'età».

Hammerberg non pensa che le persone ne sappiano abbastanza di infertilità... e nemmeno di fertilità, se è per questo. Ecco perché la sua «grande passione nella vita» è lavorare per far conoscere «ciò che le persone possono fare per promuovere effettivamente la propria fertilità, proteggerla, e per assicurarsi di avere le migliori possibilità di concepire senza dover ricorrere a trattamenti per la fertilità». Ed è proprio quello che sta facendo con il sito web Yourfertility, un programma nazionale di educazione alla salute pubblica gestito dalla Fertility Coalition e finanziato dal Dipartimento della Salute del governo australiano e dal Dipartimento della salute del governo dello stato di Victoria.


«Spesso si dà per scontato che l'infertilità sia un problema solo femminile, ma in realtà un caso su tre è dovuto a un fattore maschile» puntualizza Hammarberg, che è anche vicepresidente dell'Ifei, l'International Fertility Education Initiative – recentemente ribattezzata International Reproductive Health Education Collaboration – e componente del comitato scientifico della European Fertility Society: «Spero che con sempre più advocacy, informazione e sensibilizzazione, si possa raggiungere un punto in cui tutti capiscono che l'infertilità non è "colpa" di nessuno. A volte dipende dalla biologia, a volte da una malattia, ma certamente non è una responsabilità personale – e nessuno dovrebbe essere colpevolizzato o umiliato» per il fatto di essere infertile.

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Questo articolo, come tutto il sito di The Why Wait Agenda, è stato prodotto dall'associazione Journalism for social change, un'organizzazione che crede in un giornalismo impegnato e partecipe, che possa dare tramite l'informazione un punto di vista laico e progressista sui temi della fertilità e della genitorialità e far evolvere la nostra società rispetto a queste tematiche. L'associazione, senza scopo di lucro, si sostiene anche grazie ai doni dei lettori: donando una somma, anche piccola, permetterete a questo progetto di crescere e di raggiungere i suoi obiettivi.

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