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Eleonora Voltolina

Finché ci sono le mestruazioni c’è speranza? In realtà no

Aggiornamento: 17 dic 2022

Quando vengono le prime mestruazioni, da quel giorno si può avere un bambino; e finché arriva l’ultima mestruazione, fino a quel giorno si può avere un bambino. Viene semplificata più o meno così, nella vulgata popolare, la finestra di fertilità delle donne.


Tralasciando la bimba peruviana che detiene il record di madre più giovane del mondo (alla fine degli anni Trenta ebbe un bambino, all’età di cinque anni e mezzo, per una combinazione di una rara condizione medica che indusse in lei una pubertà precoce, e un ignoto uomo con cui ebbe un rapporto), sono innumerevoli in effetti le madri-bambine di undici-dodici anni, specie nei paesi in via di sviluppo.


A lungo, all’estremo opposto, il record della donna più anziana diventata madre naturalmente (senza trattamenti per la sterilità) è stato detenuto da una donna inglese che ebbe un bambino, nel 1997, a 59 anni; in Cina si è però verificato proprio di recente, nel 2019, il caso di una donna 67enne che ha partorito una bambina, dichiarando appunto di averla concepita naturalmente.

Insomma, a parte i casi estremi, si può dire con tranquillità che tra i 13 – età media del menarca e i 51 anni età media della menopausa la finestra è attiva? No, non è proprio così. Innanzitutto, benché potenzialmente sia vero che con l’arrivo del menarca si innesca nelle adolescenti (o talvolta preadolescenti) il meccanismo di ovulazione indispensabile per la gravidanza, è anche vero che restare incinte nei primissimi anni di età fertile comporta una serie di pericoli non indifferenti, a cominciare dal fatto che il corpo – specie l’apparato riproduttivo – non è ancora completamente cresciuto e formato, ed è dunque non perfettamente preparato alle trasformazioni dovute a una gravidanza. Il rischio di morte per parto è maggiore nelle giovanissime; si tratta di uno dei motivi che vengono sottolineati da tutti gli attivisti che nel mondo si battono contro i matrimoni forzati delle bambine. Ma anche per l’altro capo del filo l’assioma non è vero. Non si rimane fertili fino all’ultima mestruazione, no. Nel già citato documento Age and Fertility - A Guide for Patients pubblicato nel 2012 dalla American Society for Reproductive Medicine viene chiarito molto decisamente che le donne non restano affatto fertili fino alla menopausa. L’età media in cui la menopausa arriva è 51 anni, ma «la maggior parte delle donne diventa incapace di avere una gravidanza riuscita talvolta a metà dei quarant’anni». Il documento puntualizza che la fertilità declina naturalmente man mano che le donne invecchiano; e se ovviamente «il momento in cui il declino inizia, e la velocità a cui esso progredisce, varia in maniera ampia da donna a donna», è vero però che «comincia sempre ben prima della menopausa». Per tutte. Generalmente la fertilità, avverte la American Society for Reproductive Medicine, comincia a scendere verso la fine della decade tra i 20 e i 30 anni e l’inizio della decade successiva, e cala più rapidamente dopo i 35 anni. «Le donne che decidono di posticipare la gravidanza fino a dopo i 35 anni dovrebbero ricevere informazioni sui controlli e trattamenti più appropriati, restando realistiche a proposito delle probabilità di successo con le terapie contro la sterilità». Anche perché tali probabilità di successo sono piuttosto basse. «Avendo informazioni rispetto a tutte le opzioni e consapevolezza dei loro bisogni e obiettivi» specifica ancora il documento «una donna e il suo partner saranno preparati a prendere le decisioni migliori». In particolare a partire dai 40 anni (e ancor più decisamente dai 45) le probabilità di restare incinte durante un ciclo – sia naturalmente, a seguito di un rapporto sessuale non protetto; sia artificialmente, facendo ricorso a trattamenti per la fertilità ivi compresa la fecondazione in vitro (IVF) – restano al di sotto del 5%. Il documento mette in guardia rispetto ai media che, raccontando storie di celebrità che restano incinte anche in età molto avanzata grazie a trattamenti per la fertilità, creano nell’opinione pubblica la convinzione che si possa facilmente contrastare il fattore dell’età. Il calo di fertilità che si verifica nelle donne è connesso all’età e “succede perché sia la qualità sia la qualità degli ovuli gradualmente diminuisce”.


Questa diminuzione della quantità e sopratutto qualità degli ovuli è peraltro anche la ragione per la quale, con l’avanzare dell’età, per le donne diventa più difficile restare incinte e più probabile, quando ci riescono, vivere l’esperienza di aborti spontanei. Per questo, conclude l’American Society for Reproductive Medicine, «l’età di una donna è il più accurato test di qualità dei suoi ovuli».


Dopo i 40 anni le donne che desiderano un figlio si sentono spesso proporre dai ginecologi esperti di fertilità l’opzione della fecondazione in vitro eterologa, che utilizza cioè un gamete esterno alla coppia: nel caso specifico non lo spermatozoo, bensì l’ovulo. È anche ciò che spinge il mercato della crioconservazione dei propri ovuli: farseli prelevare da giovani e metterli in freezer, con l’idea di poterli utilizzare per una gravidanza in età più avanzata.

Queste due opzioni (usare l’ovulo di una donatrice giovane esterna, oppure usare il proprio ovulo congelato cinque o dieci o quindici anni prima) si stanno rivelando abbastanza efficaci, anche se non contrastano completamente il fatto che, comunque sia, l’embrione venga impiantato nell’utero di una donna che ha l’età che ha, e che lì poi debba “attecchire” e proseguire la sua crescita. Non è impossibile! È semplicemente statisticamente più difficile, in questi casi, arrivare al “bimbo in braccio”.



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