La vera parità di genere comincia quando occuparsi dei bambini smette di essere una cosa da donne; quando i compiti di cura e accudimento vengono spartiti equamente. Lo aveva capito bene Ursula K. Le Guin, scrittrice americana morta alla soglia dei novant’anni nel 2018, autrice di straordinari romanzi e saghe specialmente di fantasy e fantascienza (anche se lei gli steccati tra i generi li considerava stupidi e dannosi, e giustamente), divenuta immortale grazie al suo “Ciclo dell'Ecumene”.
Il suo libro forse più famoso, The Left Hand of Darkness (“La mano sinistra del buio” in una recentissima nuova traduzione in italiano di Chiara Reali) – il quarto, appunto, del Ciclo dell'Ecumene – vinse il Premio Nebula nel 1969 e l’Hugo, considerato il Pulitzer della fantascienza, nel 1970. Le Guin vi racconta la storia di un inviato, una sorta di ambasciatore, Genly Ai, arrivato per conto dell’Ecumene (più o meno una Lega dei mondi) da un pianeta simile al nostro a un pianeta abbastanza simile al nostro… se non per dei piccoli particolari. L’inesistenza di uccelli o altri esseri volanti, per dirne una; e – di conseguenza, in un certo senso – l’assenza di trasporto aereo di alcun genere.
...E poi la specifica caratteristica della popolazione: non avere un genere definito.
Gli abitanti di Gethen sono sostanzialmente ermafroditi, o bisessuali nel senso biologico del termine – “ambisessuali”. Il loro sistema di riproduzione prevede alcuni giorni di calore, il “kemmer”, in cui le persone fanno sesso; solo in quei giorni il loro corpo si connota sessualmente, trasformandosi in modo da sviluppare per quel breve periodo i caratteri maschili o femminili.
Le persone possono, durante il kemmer, diventare uomini o donne in maniera sostanzialmente casuale; se un rapporto produce poi una gravidanza, la persona che in quel momento era connotata sessualmente come donna resta donna per tutto il periodo della gestazione e dell’allattamento, e poi torna alla sua condizione originale ambisessuale, pronta per nuovi rapporti. Così accade che «la madre di diversi figli può essere il padre di diversi altri». Al di fuori del kemmer le persone sono costantemente in somer, cioè “neutre” o meglio, come dice Le Guin «potenziali, o integrali».
La società di Gethen non è certamente perfetta, ma la particolarità biologica dell’ambisessualità fa sì che non ci sia alcuna discriminazione nella popolazione, venendo a mancare la sostanziale differenza tra i generi, e quindi nessun pregiudizio o stereotipo di genere rispetto a come sia opportuno comportarsi quando si è uomini o quando si è donne, cosa sia possibile o impossibile fare a seconda del proprio genere.
Così si esprime, nel capitolo “La questione del sesso”, una inviata “investigatrice” dell’Ecumene, approdata su Gethen qualche tempo prima del protagonista Genly Ai, nei suoi rapporti ufficiali: «Chiunque può dedicarsi a qualunque cosa. Sembra banale, ma ha degli effetti sulla psiche incalcolabili. Il fatto che chiunque, fra i diciassette e i trentacinque anni circa, corra il rischio di essere […] “costretto alla gravidanza” fa sì che nessuno sia davvero “costretto”, psicologicamente o fisicamente, come molto spesso accade altrove alle donne». È il più potente argomento che oggi utilizzano i sostenitori del congedo di maternità e paternità egualitario! Le Guin continua: «Gli oneri e gli onori sono suddivisi in modo equo; tutti corrono gli stessi rischi e possono compiere le stesse scelte. Di conseguenza, qui, nessuno gode della stessa libertà di cui altrove gode qualunque uomo».
Gli stereotipi di genere vengono spazzati via: «Non c’è divisione dell’umanità in forti e deboli, protettivi e protetti, dominanti e sottomessi, padroni e schiavi, attivi e passivi. Anzi, la tendenza al dualismo che pervade il pensiero umano potrebbe essere attutita […] o diversa». L’investigatrice dà anche indicazioni a chi verrà dopo di lei per interagire al meglio con gli abitanti del pianeta Gethen: «Non si può e non si deve fare quello che farebbe naturalmente una persona bigenere, ovvero attribuirgli il ruolo di Donna o di Uomo adottando allo stesso tempo nei suoi confronti il ruolo corrispondente legato alle proprie aspettative sulle possibili interazioni fra persone dello stesso sesso o di quello opposto. […] E’ quasi impossibile da accettare per la nostra immaginazione. Qual è la prima domanda che poniamo su un neonato?». Non è facile, ammette l’investigatrice, rinunciare a pensare in maniera binaria, e nemmeno all’abitudine di essere percepiti in maniera binaria: «Un uomo desidera che la sua virilità sia ammirata, una donna che la sua femminilità sia apprezzata, per quanto indirette e sottili possano essere le indicazioni di ammirazione e apprezzamento». Ma questo è impossibile sul pianeta Gethen, perché il suo popolo non ragiona in termini dicotomici uomo/donna: «Si è rispettati e giudicati solo in quanto esseri umani. E’ un’esperienza scioccante».
Ursula K. Le Guin, straordinaria pensatrice oltre che narratrice, non smise mai di riflettere sul tema.
In un altro suo capolavoro, il sesto romanzo del Ciclo dell'Ecumene intitolato The Dispossessed (titolo infelicemente tradotto, in italiano, in “I reietti dell’altro pianeta”), che vinse nel 1975 la rara tripletta Hugo, Nebula e Locus Award, Le Guin immagina che un gruppo di idealisti abbia fondato una colonia su un pianeta fino a quel momento disabitato, realizzandovi una utopia anarchica. Anarres diventa il compimento di una società senza gerarchie, senza leggi, senza regole prestabilite, in cui le persone possono vivere in maniera completamente libera e comunitaria, senza possedere denaro, mettendo le risorse in comune, dando ciascuno secondo le sue capacità e prendendo secondo i suoi bisogni: «Un’idea di libertà, di cambiamento, di solidarietà umana».
In questo scenario uomini e donne sono assolutamente alla pari, tanto che la pratica più diffusa è quella di mettere i bambini in dormitori comuni, rinunciando alla scelta – all’istinto? – di “possederli”, e quindi alla possibilità di costruire con loro dei rapporti troppo forti, profondi, rapporti che non siano interscambiabili. Anche per questo motivo, per esempio, allattare troppo a lungo è fortemente sconsigliato. Ai bambini si sceglie di dare solo un affetto comunitario e non «l’amore individuale» dei genitori, troppo intenso, nell’idea che quell’amore finisca per legare le persone tra loro, limitando la libertà di ciascuno, creando vincoli e meccanismi di gratitudine e obbligo, che spesso si tramuta anche in condivisione dei dolori. Ne esce una società in cui certamente uomini e donne sono alla pari per quanto riguarda le opportunità di realizzazione personale e professionale, ma affettivamente deprivata.
Infine, nel racconto “Paradises Lost”, contenuto nella raccolta Birthday of The world uscita nel 2002, ultimo libro del Ciclo dell'Ecumene (in italiano il racconto appare col titolo "Paradisi perduti" nella raccolta Ritrovati e perduti), Ursula K. Le Guin immagina una nave spaziale in viaggio dalla Terra verso un nuovo pianeta da colonizzare. La popolazione di 4mila passeggeri deve restare stabile; chi è partito non vedrà mai la meta, perché il viaggio durerà secoli e solo le generazioni successive compieranno l’ultimo passo, atterrando sul nuovo pianeta. Ci si deve dunque riprodurre, sulla nave spaziale: non troppo né troppo poco.
In questo universo limitato e controllato ogni persona ha diritto a un figlio – in casi eccezionali, a due – e può arrangiarsi come crede per farlo, trovando un partner disponibile. Ciascun genitore ha la responsabilità di un solo bambino, e dunque uomini e donne, a prescindere da quanti figli contribuiscano biologicamente a creare, hanno un discendente a testa che è il “loro”, da curare e crescere in maniera autonoma. Sulla nave spaziale la parità di genere è assicurata, in questo caso senza rinunciare alla differenza di genere né all’affetto individuale.
Ursula K. Le Guin ha contribuito in maniera incommensurabile alla letteratura contemporanea, creando universi immaginari che aprono gli occhi sul nostro mondo, le nostre pulsioni e battaglie, i nostri ideali.
Fare figli, occuparsi dei figli, è una benedizione e maledizione insieme, un dono e una dannazione, un privilegio e un giogo; può esserte realizzazione per le donne ma anche matrice di oppressione, discriminazione, sottomissione. Non a caso oggi alcuni sono affascinati dal progetto di utero artificiale, ipotesi med-tech – per ora fantascientifica – che porterebbe la gestazione al di fuori del corpo delle donne, “liberandole” da quei nove mesi. Ma chi studia le questioni di genere sa benissimo che non sono tanto quei nove mesi che bloccano le donne, bensì... tutto il resto!
Ci possono essere altre strade – basta immaginarle. Del resto, come dice Le Guin nella prima pagina de La mano sinistra del buio, «La Verità è una questione dell’immaginazione».
Crediti per l'immagine di Ursula K. Le Guin, tratta dal suo sito ufficiale: Photo courtesy Euan Monaghan/Structo
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