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Eleonora Voltolina

Un figlio da sola con la fecondazione in vitro (dove si può): egoismo o esplosione d'amore?

Aggiornamento: 21 mar 2023

Due donne si incontrano. Hanno da poco compiuto quarant'anni, una esce da una storia d'amore importante, l'altra è single. Si chiedono: e i figli? Siamo quasi fuori tempo massimo: ne vogliamo? E se sì, come facciamo a farli senza un partner? Finché una all'improvviso dice all'altra “Ho deciso: se non trovo l'uomo giusto entro un anno, il bambino me lo faccio da sola”.


Un dialogo non così inusuale, una ipotesi ormai sempre più frequente. In quel caso, una delle due donne era Giorgia Surina. Presentatrice radiofonica e televisiva e attrice italiana, classe 1975, Surina ha rimuginato a lungo su quella conversazione, e le è venuta una “pazza idea”. E se l'amica, anziché dire “me lo faccio da sola”, le avesse detto “dovremmo farne uno per ciascuna con l'inseminazione in vitro e poi crescerli insieme, come una famiglia allargata”? Il seme di quello scenario inusuale di maternità è cresciuto dentro di lei, poco a poco, fino a trovare la sua strada in un libro.In due sarà più facile restare svegli”, suo primo romanzo uscito a maggio 2022 per la casa editrice Giunti, racconta la storia di due amiche – Gaia e Bea – che provano a realizzare proprio quell'idea.


«Noi donne siamo arrivate a prendere coscienza di non poter più aspettare il principe azzurro, che peraltro non esiste: la decisione è nelle nostre mani» dice Giorgia Surina a The Why Wait Agenda. Perché quando si arriva intorno ai quarant'anni e si è single, o si ha un compagno che di fronte alla prospettiva dei figli nicchia, continuare ad assecondare la dilazione può voler dire mettere, di fatto, una pietra tombale sopra il proprio desiderio di maternità – «che magari non per tutte, ma per qualcuna è veramente il sogno di una vita». E allora piuttosto che rifugiarsi nella «non-scelta», sotterrando silenziosamente il proprio sogno e rassegnandosi a «non diventare mai madri» si può scegliere di «osare, con coraggio, sulle proprie sole spalle». E tentare la via della maternità da single, appunto.


L'aumento progressivo delle donne single, così come quello delle donne senza figli, sta delineando una nuova realtà che bisognerà prima o poi integrare nella narrazione del nostro tempo: «Un mare sotterraneo di cui ancora nessuno parla e di cui si pensa ancora come a un tabù, e che invece sta uscendo in maniera prepotente. Qualcosa sta ribollendo nella società». Il fattore della libera scelta è sempre determinante – e se ci sono molte donne che scelgono liberamente di non fare figli, ce ne sono anche molte altre che rinunciano alla maternità per “mancanza di partner”, e spesso ne soffrono. Inoltre, come ricorda Surina, «una delle più grandi paure – non solo per me ma per tante donne – è fare un figlio con la persona sbagliata. Tra farlo con uno di cui non sono sicura e farlo da sola, probabilmente io sceglierei di farlo da sola».


Non ci sono dati precisi su quante donne single scelgano la via del figlio da sole. In Italia per esempio per il 2021 l'Istat, l'istituto nazionale di statistica, censisce 615mila “nuclei familiari monogenitore” in cui è presente almeno un figlio minore e in cui il genitore è al di sotto dei 45 anni. Di questi 615mila, 523mila (vale a dire l’85%) sono nuclei “mono” in cui il genitore è una donna. I nuclei possono essere “monogenitore” per qualsiasi ragione, dunque per vedovanza, divorzio, separazione o per aver avuto il figlio da subito senza un partner; in questo insieme la stragrande maggioranza è rappresentata dalle donne che si sono separate o hanno divorziato, e purtroppo l'Istat non fornisce il dato specifico rispetto a quante delle 523mila sono invece madri sole “nubili”, e tantomeno quante sono le donne divenute madri senza un partner (per esempio, conteggiando quante, alla nascita, hanno riconosciuto il figlio da sole).

In Italia – così come in un terzo dei Paesi europei tra cui anche Svizzera, Austria e Norvegia – la pma, acronimo che sta per “procreazione medicalmente assistita”, è addirittura vietata alle donne single: quindi, a meno di utilizzare un escamotage alla “Il grande freddo” (The Big Chill, celebre film di Lawrence Kasdan) e trovare un amico disponibile a una notte di sesso a scopo puramente procreativo, oppure provare ad acquistare online i kit di inseminazione artificiale fai-da-te con annessa fialetta di sperma di donatore anonimo, chi non ha un partner ha la strada sbarrata. La normativa italiana (la famigerata legge 40 del 2004, voluta dal governo di centrodestra allora guidato da Silvio Berlusconi e contestata nel 2005 con un referendum che però non raggiunse il quorum) riserva il ricorso alle procedure di fecondazione in vitro alle donne eterosessuali sposate o conviventi. «Grazie al lavoro dell’associazione Luca Coscioni e dell’avvocata Filomena Gallo c'è stato per fortuna negli anni uno smantellamento di questa legge» ricorda Surina – ma non una vera e propria abrogazione; e il divieto di accesso alla pma per le persone single o in coppie omosessuali sussiste ancora.

Ciò non toglie che ci siano donne italiane che “il figlio da sole” riescono comunque a farlo, andando all'estero: «Diversi Paesi sono le “mete del santo Graal”: Spagna, Grecia, Inghilterra, Danimarca, Bulgaria» dice Giorgia Surina, che per scrivere il libro si è documentata frequentando forum online, gruppi Facebook come “Single mums by choice”, e raccogliendo le testimonianze di donne divenute madri grazie alla pma. Ma l'attrice-autrice ha poi scelto di lanciare una provocazione, ambientando la trama del suo libro a Milano. Una mastodontica “licenza poetica” che rende possibile alle sue protagoniste fare la fecondazione assistita, da single, in Italia: «Sogno che un domani possa essere davvero così» rivendica, perché «non è il capriccio di una donna che si sveglia una mattina e dice “voglio un figlio da sola”; è un tema talmente delicato che la legge dovrebbe avere la stessa delicatezza nel capire e abbracciare questo desiderio» riflette: «Come una donna che non vuole figli ha il diritto di non averne e di non essere pressata dalla società, allo stesso modo una donna che desidera visceralmente diventare mamma non dovrebbe ricevere il no categorico della sanità e della legge italiana», perché così si toglie alle donne la libertà di poter «decidere della propria vita: una forma di violenza fortissima».


Paradossalmente il romanzo però non tocca se non in maniera marginale il grande tema dell'infertilità: le due protagoniste non sono affatto infertili. Sono, molto più semplicemente, equipaggiate per fare un figlio ma sprovviste del contributo maschile necessario. La maternità da single, certo, priva i nascituri della figura paterna; ma nella realtà di tutti i giorni molti bambini nascono e crescono in famiglie monogenitoriali senza diventare «esseri umani meno completi»: Surina cita l'esempio di suo padre, di origine croata, cresciuto senza padre a ridosso della guerra ma «così riempito d'amore dalla madre, la nonna e la sorella» da non patire mai, da adulto, gli effetti di quella mancanza. «Ci sono ormai tante famiglie sbilenche: coppie fragili che non reggono all’arrivo del bebè e si separano, famiglie allargate in cui i bambini si dividono tra la mamma con la famiglia nuova e il papà con la famiglia nuova. Tutto benissimo, però a quel punto perché ritenere sbagliato il coraggio di una donna di voler costruire da sola» il suo progetto di maternità – “sbilenco” fin dal principio, certo, ma non necessariamente peggiore?


Giorgia Surina ha scritto “In due sarà più facile restare svegli” in un certo senso «per solidarietà femminile», pur non avendo figli e non avendo mai provato sulla sua pelle la pma: «Mi sono immedesimata in una situazione che non mi appartiene, almeno non al momento. Ma se vivessi in una società che non punisce l’omicidio, dovrei aspettare che qualcuno ammazzi qualcuno di caro a me per lottare perché gli omicidi siano puniti? Voglio difendere il diritto di ogni donna a diventare mamma, se sente questo desiderio. Non mi sono mai pensata femminista, però ci sono tante piccole esplosioni dentro di me che invece mi portano su quella linea. Purtroppo alcuni diritti, lo vediamo tutti i giorni, non arrivano automaticamente. E allora combatto: perché se i primi passi non arrivano da noi, non arriveranno sicuramente dall’alto». Il romanzo è un tassello per portare il tema della maternità da single sotto i riflettori e sottolineare che un figlio da sole con la fecondazione in vitro è «quanto di più voluto e desiderato e cercato si possa immaginare: un’esplosione d’amore così forte che non può essere ritenuta sbagliata». E che non dovrebbe essere mai vietata dalla legge.

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Questo articolo, come tutto il sito di The Why Wait Agenda, è stato prodotto dall'associazione Journalism for social change, un'organizzazione che crede in un giornalismo impegnato e partecipe, che possa dare tramite l'informazione un punto di vista laico e progressista sui temi della fertilità e della genitorialità e far evolvere la nostra società rispetto a queste tematiche. L'associazione, senza scopo di lucro, si sostiene anche grazie ai doni dei lettori: donando una somma, anche piccola, permetterete a questo progetto di crescere e di raggiungere i suoi obiettivi.

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